2.1 Canti d’amore: il posto riservato a Cagnano
Cagnano, come altri paesi garganici, vanta una tradizione canora e musicale di un certo rilievo. Ciò è confermato dall’interesse di diversi studiosi che si sono occupati di questa eredità, sin dai primi decenni del XX secolo. M. Vocino,1 ad esempio, nel 1923 ha recuperato alcuni sunètte di Cagnano. Saverio La Sorsa,2 in Tradizioni Popolari Pugliesi del 1933-37, ha riportato numerosi canti, raccolti da alcuni maestri cagnanesi del tempo: Natale De Monte, Giuseppina De Guglielmo e Antonietta Mendolicchio. D. Carpitella ed E. de Martino nel 1958 hanno effettuato interessanti ricerche di etnomusicologia. Di recente, altri musicologi hanno puntato i riflettori sulla produzione canora popolare cagnanese: F. Nasuti3 e S. Villani.4 Il primo, nei Canti delle memoria ha riportato 15 strambotti (sunètte, serenate, strofette) e il secondo ha curato, oltre ad un libro, la registrazione di un CD con trenta brani, offrendo la possibilità di ascoltare testi di serenata accompagnati dalla chitarra battente, canti religiosi, in latino e in dialetto, e canti narrativi interpretati da pastori e da cantatori della congrega di San Cataldo. In questo modo si può assicurare la sopravvivenza di parte della lirica contadina, di cui si sta perdendo la memoria, anche se, quando gli ultimi vecchi non ci saranno più, probabilmente nessuno riuscirà ad intonare i canti e soprattutto ad esprimere le ansie e l’anima della loro civiltà.
2.2 Canti d’amore: tipologie
Il tema dell’amore ha appassionato l’uomo di ogni tempo, assumendo di volta in volta connotati differenti, con sviluppi legati ai modelli di vita e ai contesti culturali. Di questo sentimento, che alimenta sogni ed aspettative, che crea affanni e sospiri e che è alla base della conservazione della specie, si sono occupati scrittori e filosofi da sempre e di recente anche le nuove scienze umane e sociali. Ai testi di letteratura rinviamo i lettori interessati, mentre qui richiamiamo l’attenzione di chi intende effettuare con noi un percorso sul tema dell’amore e della donna, attraverso i canti tradizionali cagnanesi e garganici.
I canti popolari sono in genere brevi componimenti (li sunètte e lli manuuètte, li strufelètte, di Cagnano): versi intonati da pastori, che arieggiano usanze e abitudini del luogo; stornelli, contrasti, arie o macchiette eseguiti ad alta voce soprattutto dalle contadine, mentre eseguivano i lavori della zappatura, della mondatura e della raccolta, anche quando erano senza fiato; serenate d’amore e di “ sdegno”.
2.2.1 Strambotti (sunètte e manuuètte)
Le tipologie di componimenti popolari più diffuse a Cagnano sono giunte a noi con i termini di sunètte e manuuètte, che afferiscono al componimento noto in letteratura come strambotto. Questo strambotto, che nel contenuto riflette temi amorosi, vizi e virtù, espressi talvolta anche in modo satirico, si presenta strutturalmente in genere come ottava, un’unica strofa di otto versi endecasillabi ipermetri o ipometri, in rima baciata o alternata, oppure in assonanza. La Sorsa, definisce gli strambotti del Gargano
antichi strambotti indigeni, belli nella loro semplicità, nobili sinfonie che si sviluppano su una nota centrale, accompagnati da lunghe cadenze di cori. Essi sono le genuine melopee lente e polimetriche, con cui la vetusta razza anche oggi esprime i suoi affetti gentili, i suoi sentimenti. 5
Afferma inoltre che
L’ottava è la strofa più diffusa nei canti popolari e quasi sempre ognuna costituisce un canto a sé, racchiude un pensiero, un’immagine completa. E’ generalmente costituita da due rime, quattro volte alternate, e se queste mancano, c’è in sostituzione l’assonanza. Manca la chiusa di rime baciate, che è propria dell’ottava letteraria.6
Questo componimento popolare, chiamato anche “rispetto”, secondo alcuni studiosi avrebbe avuto origine pressoché contemporaneamente a Napoli e a Firenze, alla fine del 1400; secondo altri sia la struttura, sia i suoi contenuti rinvierebbero, alla tradizione della scuola siciliana e giullaresca e sarebbe nato prima nell’area meridionale e poi in Toscana. C’è convergenza degli studiosi sul suo contenuto popolare. La Sorsa afferma infatti: nato probabilmente “nei pagliai di solitari campi o sul lastrico di piazze cittadine, [lo strambotto] fugge le piazze dei ricchi”.7
L’ampia diffusione dello strambotto sembra dimostrare l’esigenza, della componente meno dotta della popolazione, di seguire un modello letterario per esprimere dei sentimenti. Diffondendosi nelle diverse aree geografiche e col trascorrere del tempo, si sono verificate delle contaminazioni, perciò lo strambotto, sia a livello formale, sia a livello interpretativo, ha subito delle trasformazioni, adattandosi all’idioma e alla cultura locale, oltre che alla comunità dei parlanti, nei quali la lingua continua ad evolversi, rinsanguando lo stesso italiano. L’esecuzione-interpretazione, che in genere si discosta dal testo verbale scritto o recitato, a livello di ciascun paese, assume inoltre connotati particolari.
Anche lo strambotto [manuuètta e sunètte] di Cagnano è strutturato in genere in ottava e riflette le trasformazioni evidenziate. Ma cos’è lu sunètte? Cos’è la manuuètta? Quale differenza passa tra le due composizioni? Qual è la loro etimologia? Con l’intento di dare una risposta a questi interrogativi, ho raccolto testimonianze orali e ho attinto dalla letteratura.
Prendendo atto degli studi di ricercatori affermati nel settore della etnomusicologia, si ha modo di constatare che lu sunètte attraversa pressoché tutti i paesi garganici. Questa realtà porta ad accogliere l’ipotesi di F. Nasuti secondo la quale prima era lu sunètte, che faceva riferimento a tutto il corpus di strambotti che, sin dal medioevo, ha costituito l’intelaiatura del canto popolare-lirico italiano.8
Poi, col trascorrere del tempo, i cantori-esecutori hanno aggiunto versi e filastrocche nel corso e a fine componimento, conferendogli caratteristiche tipiche del luogo. Queste composizioni: strusce e sunètte di Monte Sant’Angelo e Mattinata, sunètte e strufètte di Carpino, strapulètte e sunètte di San Giovanni Rotondo, strapulètte e sunètte d’Ischitella,9 ai quali possiamo aggiungere manuuètte e strufelètte di Cagnano, contengono quasi sempre accenni a richiami amorosi espressi con traslati, elementi erotici assenti negli strambotti originari. Va detto inoltre che la struttura musicale delle forme- sia pure modificate e adattate ai diversi dialetti- riflettono il linguaggio musicale della tarantella.10
S. Villani ricorda che le due forme canoro-musicali più diffuse a Carpino sono lu sunètte e la canzone, che si differenziano non nel testo verbale, ma nell’articolazione melodica, nell’esecuzione:
li sunètte sono ad andamento sillabico, mentre la canzóne (canto a distesa) presenta una diffusa vocalizzazione del testo verbale, con lunghe note tenute.11
C’è dunque analogia nella struttura ovvero nella formalizzazione letteraria del testo verbale di sunètte e canzone (costituito in genere da otto versi endecasillabi articolati in quattro distici), mentre c’è differenza nell’interpretazione.
Vediamo ora cosa accade nelle forme più rappresentative dei canti popolari cagnanesi, costituite – come si è detto – da sunètte e da manuuètte.
Manuuètta e sunètte, a detta degli intervistati,- pochi per la verità, perché gran parte di essi ha risposto con un “non so” o con un “non ricordo”- avrebbero una identica struttura e medesimo contenuto, mentre la differenza sarebbe riposta nell’esecuzione, prevedendo nel primo caso apertura col secondo emistichio, ripetizioni ed esecuzione in certi punti sillabata, nel secondo caso suoni prolungati, soprattutto ad inizio del verso (o del distico) e alla fine. Il sonetto procede in genere per distici, esordisce con Ahhhh o con Uhé, pronunciati con voce alta e gutturale. Dopo il distico c’è l’intermezzo musicale. Lo schema melodico, può variare, inoltre, assumendo connotazioni particolari, in base alla bravura e alla sensibilità del cantore.
Il sonetto-strambotto di Cagnano, dunque, (che, sebbene abbia una lontana parentela, non va confuso con il componimento letterario classico, costituito da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine), inizia con un’esclamazione pronunciata con tonalità molto alta e con un suono prolungato, per snodarsi poi in tono melodico e chiudere in modo originale e personale, più o meno come segue: Ahhhh… scapellata, uaglióna scapellataaa.
Il rituale del sonetto vuole, inoltre, che il cantore porti la mano all’orecchio mentre segnala la sua presenza, con quell’ ahhhh prolungato, acuto e forte, come di chi soffre di un dolore indicibile, che ha la durata di circa dieci secondi. La donna, insomma, non poteva non udire o restare indifferente a quel richiamo. I particolari del rituale non sono sfuggiti a nessun intervistato e hanno sorpreso anche me soprattutto nell’udire una registrazione, risalente alla fine degli anni Cinquanta, eseguita dall’agricoltore Michele Frattarolo che, durante la sua passionale, originale ed efficace interpretazione, si è lasciato sfuggire il seguente commento accorato e nostalgico:
Ah canzune de tand’anne addréte!… Mamma … !
La manuuètta presenta invece un ritmo spezzato, ripetizioni, esecuzione piuttosto sillabata, interpretazione anch’essa singolare, la cui efficacia è legata, anche in questo caso, al cantore-esecutore. La manuuètta è decisamente più allegra, si associa all’armonia del ballo, alla tarantella, e termina con una o più strofette, vvola e llà… È accompagnata con le castagnole e con il tamburello. Entrambe le composizioni sono eseguite a voce alta, emessa di gola, tanto da rendere talvolta difficoltosa la decodificazione, come ciascuno può verificare dalle pagine musicali allegate.
Avendo ancora qualche perplessità e per affettuare qualche raffronto, ho consultato alcuni signori dei paesi limitrofi: San Nicandro, San Marco, Ischitella, Carpino, San Giovanni, ed ho avuto la conferma che il termine manuuètta è pressoché sconosciuto- d’altro canto anche a Cagnano solo pochi signori anziani ne conservano il ricordo.
Anche se le testimonianze orali mi hanno lasciata nel dubbio, alla luce di alcuni testi raccolti e a seguito di qualche inferenza, ho ipotizzato che il sonetto di Cagnano escludesse la strofetta finale. Tale congettura ha poi trovato conferma anche nell’affermazione di Villani:
Canzune o manuuètte erano ad andamento sillabico con stereotipi conclusivi, mentre lu sunètte era un canto vocalizzato senza stereotipo.
Il sunètte di Cagnano presenta in definitiva analogie con la canzone di Carpino, mentre la manuuètta di Cagnano pare essere nota a Carpino, a San Giovanni Rotondo e a Monte Sant’Angelo come sunètte.
Una stessa forma espressiva, si prestava, inoltre, a differenti modalità esecutive. Il sonetto di Carpino, ad esempio – così come informa il signore Piccininno- era cantato perciò: alla mundanare (conservando un andamento melodico, lento), alla rurejana (con ritmo allegro, ballabile) e alla vestesana (con esecuzione lenta, che si avvicina a quella detta alla montanara). C’era anche la modalità alla cagnanese– bella anch’essa- afferma il cantore- e che risulta ancora più lenta e lamentevole. Di tutte queste modalità mi ha offerto un saggio.12 Altri interlocutori cagnanesi affermano, infine, che lo stesso testo poteva essere eseguito sia a manuuètta, sia a sunètte.
Quanto all’etimologia di manuuètta e di sunètte pare si possa uscire dall’incertezza. La manuuètta secondo alcuni interlocutori è il temine dialettale di “manovella”, un dispositivo utile per mettere in rotazione qualcosa tramite la forza della mano, ma è anche un canto popolare, che invita al ballo della tarantella. C’è dunque analogia tra l’attrezzo e il canto: entrambi fanno “ruotare”. E se la manuuètta ha acquisito contenuti più volgari- sempre secondo gli intervistati- lu sunètte, essendo privo di strufulètta, conserva un’accezione più nobile. Sotto questo profilo il sunètte-strambotto di Cagnano potrebbe essere l’antenato del sonetto letterario, cui sarebbe pervenuto con l’aggiunta di altri sei versi.
Sunètte: Ahhhhh… scapellata, uaglióna scapellata! 13
Ahhhhh… scapellata, uaglióna scapellata
Uéhi piccerèlla a llu zite è scapellata!
Ah… sèrpa néra, che tu scèndi tra le mura!
Ah… capa calata e disturbata céra (bis)!
Ah… t’hé’ ditte bbonaséra e nne mm’ha’ respòste!
Ah… ma qualche mmala lingua t’ha pparlate (bis)!
Ah… male de mè t’ha dditte e ttu l’aje credute!
Ah… t’avéva avvesate da prima e nno mm’aje scoltate (bis)!
Ah… facìmece lu cunde, spezzame li taglie! 14
Ah… quille ch’avanze ji te l’abbandóne!
Ah… quille ca lasse tu, la casse è pprònde!
Ah… li vascë che tu m’ha’ date io non te li néghe!
Ah…. Famme la recevute chè mò te paghe.
Ehi, piccerèlla sinde,
famme la recevute chè mò te paghe.
Tra una frase e l’altra c’è un intermezzo musicale, accompagnato con chitarra battente.15
Nennèlla ne nde mètte cchiù a lla pòrta (manuuètta)
Nennèlla ne nde mètte cchiù a lla pòrta
E qquanda vóte passe ji te véde
A lli capille chi ce avite ndèsta
Ce chiàmene chinzóla-cristiiane
Te prèghe bbèlla nò ndi li ndriccià
Fattìli a ddói nnòcche, làscele appise
Scjata lu vènde e lli vò sbalijà
Jèsce lu sóle e li fa sderlucì.
Sderlucì palòmme
E ccóm’e ttè ni ngi ni sònne
Vóla éhi vóla
e ddimme tu li tua paróle
à llu pìiacére
vènghe qqua n’avìta séra
Pìiacére ngi ni sta
Jì mi vài pure a quà.16
L’esecuzione della manuuètta prevede l’inizio con il secondo emistichio del primo verso (in questo caso con mètte cchiù a lla pòrta), quindi il ritorno al primo emistichio (Nennèlla ne nde mètte), ripetuto due volte. Nei versi 3-5-7 si assiste al ritorno al primo emistichio, ripetuto due volte. In coda alla mauuètta è la strufelètta, in questo caso costituita da sei versi. Il testo cantato si presenta pertanto come segue:
Mètte cchiù a lla porta
Nennèlla ne nde mètte
Nennèlla ne nde mètte
chiù a lla porta e quanda vote pàsse,
ji te vède a lli capìlli chi …
Chi ci avìti ndèsta
A lli capilli chi
A lli capilli chi
ci avìti ndèsta Ce chiàmene chinzòla
Crestìiane Te prèghe bbèlla no …
No nde li ndriccià
Te prèghe bbèlla no
Te prèghe bbèlla no nde li ndriccià
Fattìli a ddòi nnòcche,
làscele appìse
Scjàta lu vènde e li …
Li fa sbaliià
Sciàta lu vènde e li
Scjàta lu vènde e li vo balijà
Ièsce lu sòle e li, …
fa sderlucì palòmme
E ccòme a ttè ne ngi ni sònne
Vóla éhi vóla
e ddimme tu li tua paróle
à llu pìiacére
vènghe qqua n’avìta séra
Pìiacére ngi ni sta
Jì mi vài pure a qua
2.2.2 La strufulètta
All’ottava della manuuètta il cantore ha facoltà di aggiungere dei versi di chiusura, una sorta di filastrocca, messa appunto in coda al componimento fondamentale, nota nei paesi garganici come strusce e struscelicchie (Monte Sant’angelo e Mattinata), strufètte (Carpino), struscètte (Ischitella) strufulètta (Cagnano), stramulètta (San Marco in Lamis) e strapulètta (San Giovanni Rotondo). Questi versi di chiusura, spesso non hanno attinenza con il contenuto e il motivo di fondo espresso nel testo, pare infatti “posticcia”. Ciò non deve sorprendere dato che, come affermano anche altri studiosi, i versi che di solito chiudono lo strambotto, non sono che degli stereotipi che si aggiungono al testo, scelti liberamente del cantante. Per dirla con La Sorsa,
Le strofette di Cagnano, di Peschici, di Rodi, di Lesina, come le canzoni di ballo, i canti dei mulattieri e dei mietitori hanno sovente movenze gaie e spigliate, che contrastano con i canti d’amore, nei quali si nota una maggiore austerità di pensieri, un profondo senso di malinconia. 17
Donne di Cagnano
Nella manuètta sopra riportata, ad esempio al cantore è stato sufficiente riprendere il secondo emistichio, fa sderlucì (presente nell’ultimo verso), e proseguire cantando:
Sderlucì palòmme
E ccóm’e ttè ni ngi ni sònne
Vóla éhi vóla
e ddimme tu li tua paróle
à llu pìiacére
vènghe qqua n’avìta séra
Pìiacére ngi ni sta
Jì mi vài pure a quà
Questi versi di coda riflettono in genere contenuti erotici, espressi con traslati, termini allusivi dei genitali maschili (cardille, pazziarille, baccalà) e femminili (véna, frijóle), oppure il desiderio di condividere spazi e tempi con la donna amata, o il permesso di corteggiarla, come in Nennèlla.
Tratto da Bbèlla, te vu mbarà a ffa l’amore, Canti e storie di vita contadina, Leonarda Crisetti Grimaldi, 2004
INDICE
13 Prefazione Pietro Saggese, 14
17 Prefazione Francesco Granatiero, 17
21 Trascrizione fonetica, 21
22 Prefazione dell’autrice: Oggetto della ricerca e contributi; Pianificazione del lavoro; Gli autori dei canti popolari; La difficoltosa trascrizione-interpretazione dei testi; L’importanza del dialetto.
SEZIONE 1: I MESTIERI
Cagnano Varano (foto)
1 I mestieri, 28
1.1 Il contesto, 28
1.2 Canti che hanno viaggiato, 29
1.2.1 I mesi dell’anno, 33
Utensili della civiltà contadina (foto)
1.2.2 Lu cafóne a llu patróne, 40
1.3 Le storie di vita, 41
1.3.1 La mietitura, 41
1.3.2. L’óva de Pèllanéra, 43
La mietitura (Foto Diego Mendolicchio),
1.2.3. Óhi ma’ óhi ta’ 1,
1.2.4. Óhi ma’ óhi ta’ 2, 46
Il pastorello (foto), 47
1.2.5. La mamma la vuléva maretà, 48
Scarpe grandi per un ragazzino (foto)
1.3.3. Lu scarpare, 50
1.3.3.1 Un artigiano intraprendente, 51
1.2.6. La cambagnóla, 52
1.2.7. Cummara, cirne cirne, 53
Donna che fa il pane (foto),53
1.2.8 Ciuciurumèlla, 54
Laguna e pescatori (foto), 54
1.2.9. Nu jurne me ne jéva pe la vija de la fundanèlla, 55
1.2.10. Celate jè stu pajése, 57
Donna che fila (foto), 58
La raccolta del cotone, (foto Michelina Grimaldi), 59
1.3.4 Mestieri estinti: filatrice e tessitrice, 59
1.3.5 L’imbottitrice, 60
Classe 2B che simula l’imbottitrice
1.3.6Mestieri maschili estinti: lu vardare, 63
Li varde (foto), 63
A lla fundana Do mBètre (foto), 64
1.3.6.1 Do mBètre e llu tròppe è ttròppe, 65
Foto: Do nGiccìlle e gli alunni del Regime, 67
1.2.11. E scappa da la Pugghia, 68
1.2.12. Quanne lu piscatóre va piscanne, 70
I pescatori e la laguna di Varano (fotoD. M.)
A lla pèsa di Bagni (foto D. M.), 71
1.2.13. Megghièrema a llu friscke e i’ a llu sóle, 72
1.3.7 Il pescatore e il contadino, 73
Il contadino (foto Matteo Iacovelli), 73
1.2.14. ’I quand’è bbèlla la patróna mija, 76
1.3.8 Patrune e gardzune, 77
La tosatura (foto D. M.) e il pastorello, 79
1.3.9 Il vissuto di Giovanni, 80
Tratture e massarija (foto), 82
1.3.10. Lu macerale, 83
1.3.10.1 Vatte a ffedà de l’ammice, 84
1.2.15. Marìtema sta a lla Mèreca , 87
1.3.11 Cagnane nn’è pajése de bbanna! 89
La fanfara di Cagnano (foto D. M.), 90
1.3.12 Mastre Totònne la fèmmena e foto, 91
SEZIONE 2 L’AMORE E LE FORME POETICHE
Il centro storico (Foto Donnanno), 96
2.1 Canti d’amore: il posto riservato a Cagnano, 97
2.2 Canti d’amore: le tipologie, 97
2.2.1 Strambotto (Manuuètte e ssunètte), 98
2.2.1.1 Ah scapellata uaglióna, scapellata, 101
2.2.1.2 Nennèlla ne nde mètte cchiù a lla porta,103
Donna alla loggetta (Foto D.), 102
2.2.2 Strufulètta, 105
Spartito Ah scapellata uagliona, scapellata, 106
Spartito Nennèlla ne nde mètte cchiù a lla porta 107
La serenata (dipinto Donatacci), 108
2.2.3 Serenata, 109
2.2.3.1 Quanne av’a vinì nn’è venute, 109
Spartito di canto di serenata, 113
2.2.4 Stornelli, 114
2.2.4.1 Fiore di ngigghie,114
2.2.4.2 Fior d’inzalata, 115
2.2.4.3 Vuliva all’acqua, 115
2.2.4.4 Vuliva nèra, 115
2.2.5 Macchiette, 116
2.2.5.1 Ma statte citte tu, 116
Spartito di stornelli e di macchiette, 117
2.3Canzoni d’amore e di sdegno,118
2.3.1Bbèlla che sta’ ngòppe a ssa mundagna, 118
2.3.2Òcchie nerille e ccóre de duje amande, 119
2.3.3 Dònna, nda lu tuo ciardine ce sònghe state, 119
2.3.4 Faccia de remungèlle ngiallenute, 120
2.3.5 Nen t’avantanne donna che m’ha cacciate, 120
2.4 Strumenti musicali di accompagnamento, 121
La chitarre di Cagnano (foto), 121
SEZIONE TERZA: RACCOLTA DI CANZONI D’AMORE, D’OCCASIONE E STORIE
3.1 Strufulètte cagnanesi , 124
3.2 Canti d’amore e di sdegno: strambotti, 127
3.2.1 Cóme la rósa sulla vèrdo spina, 127
3.2.2 Funèstra che te tènghe faccefrònde, 128
3.2.3 Sije bbèlla, ca dumane jè ffèsta, 129
3.2.4 Quarandasètte jurne sònghe state unèste, 131
3.3 Le storie di vita:
3.3.1 Il rito della Quarandanna, 132
3.3.1.2 Esperienza della Quarandanna (foto), 135
3.2.5 Bbèlla, se te vu’ mbarà de fà l’amóre, 136
3.2.6 Ah, se te ngundrasse n’àveta vóta! 137
3.2.7 Zetèlla ca si’ mmissa a llu tuo suprane, 138
3.2.8 Parte e pparte e nne vurrija partire, 139
3.2.9 Rendinèlla che vvaje pe lu mare, 141
3.2.10 Sò gghiuta cammenanne picculina, 143
3.3.2 L’ammasciata, 145
Lucia e Giovanni (foto), 147
3.2.11 Cchè ppéna e cchè ddelóre jè llu mija, 148
3.2.12 Affàccete a lla funèstra, parma d’argènde, 149
3.2.13 Bbèlla dònna, che ppurte dóje róse mbètte, 150
3.2.14 Bbèlla, l’òcchie tóje sò dduje fijorille, 152
3.2.14.1 Spartito Bbèlla, l’òcchie tóje sò dduje fijorille,
3.3.3 Antonio Piccininno, cantore Carpino, 155
3.2.15 Ehhhh de prime amóre e tte vènghe a ssaluto! 156
3.2.16 Oh bbèlla, che st’òcchie tuue m’hanne allegate! 156
Cantore di Carpino (foto), 157
3.2.17 Vvole a Ddije e llà, 158
3.2.18 La matina quanne ohinè ohinà, 159
3.2.19 Prima d’arruuà salute li mure, 160
3.2.20Na dònna me vò dà quatt’aulive, 162
Donata (foto), 164
3.3.4 Non sempre la zita era da preferire lla maretata, 165
3.2.21 Nda sta strata ce aje chiandate n’arche, 172
3.2.22 Affàccete a llu bbalcóne, óhi bbèlla mija, 174
3.2.23 Mamma, quande jè gàvete stu palazze! 175
3.2.24 Nda ssa strata ce hé chiandate na vite, 176
3. 3.5 Ce hanne ngappate a rRusunèlla!, 178
Donna che vuota lu càndere (foto D.), 177
3.3.6 A rRachelina ce l’ànne purtate! 179
3.3.7 La ngappata e lla fejuta, 179
3.2.25 Vide cchè bbèlla luna, cchè bbèlli stèlle 180
3.2.26 Custandina nda la medzana, 181
3.2.27 Passe e ppe nu bbóne passe me ne jèsse, 182
3.2.28 Figghia de puttana, gammatòrte, 183
Interno camera (foto), 183
3.2.29 Dònna, ch’ha’ fà de nu vècchie baffute, 184
3.2.30 Na fèmmena cinghecènde ce chiamava, 185
Interno camera (foto), 186
3.2.31 Faccia de crapa salevaggia, 187
Bimbo in fasce, (foto Paolino), 188
3.2.32 Nda ssa strata no nze pò ppraticare, 189
3.3.8 La nascita, 191
3.2.33 Donna, che nn’ha da fà de ssu pataline! 193
Largo Purgatorio (foto D.), 194
3.2.34 Chè vva’ facènne da ddò ssu guappe guappòtte, 195
3.2.35 Bbèlla che ddurme nda ssu lètte de Léte, 196
3.3.10 Prima e dopo il matrimonio, 197
Foto: Il corteo nuziale, 199
3.2.36 Pòvere m’ate ditte, pòvere sònghe, 200
Foto Trabucco
3.2.37 Bbèlla ca ni ngi po’ cchiù riparare, 202
3.2.38 Bbèllu sunatóre che ssóne ‘sta chetarra, 202
3.2.39 Quèssa è la strata de li vicce vacche, 202
3.2.40 Affàccete cìmece rusce e ppuzzulènde, 203
3.2.41 Nda ssì strate sta ‘na quagliarèlla, 203
3.2.42 Ne nde fa gàveta quanda lu mare, 204
3.2.43 Scùseme, bbèlla, ca ce ne va lònghe, 204
3.2.44 Facciatònna ccóma nu bbucchére, 204
Spartito Facciatònna ccóma nu bbucchére, 205
3.2.45 Bbèlla dònna che ffa’ la cavezètta, 206
3.4 Stornelli, 207
Fior di viole, Fiore di rosa, Fiore di lino, Fiorin Fiorello, Fiore d’arancio, Fior di trafòglio, Fior di lombazza, Larillarilla, Fiore di ngigghie, Fior d’inzalata, Fior di papagna, Fior di patata, Fiore di pépe, Fiore di lino, Fior di finocchio, Fior di menduccia, Fiore di canna, Fior di ginestra, Fiore di mènda, Fior di fagiolo, Tu macchia d’accio, Oh quande rose!, Oh quande lune!, Oh luna, sole!, Oh quande stelle!, Oh Ddio che rrabbia!, Oh Ddio che ppéna!, Filo di séta, Spica di grano, Fiore di lino, Fumo di réte, Fiore d’amènda, Fior di limone.
3.5 Macchiette, 212
Se m’h’a candà a mmè, Affàcciati a lla funèstra, Che tte vonna accide …, Dderéte la pòrta tua, E mmò passa lu tréne, Quando ti lavi la matina, E ssi ce n’amm’a jì, La vóce mija jè gàveta, Vurrija spaccà lu mare.
Raccolta delle olive (foto Paolino), 213
3.3.11 La raccolta delle olive 214
3.6 Canti che ironizzano su persone e luoghi, 217
3.6.1 E lli fèmmene de lu Caùte,
3.6.2 E lli fèmmene de lu Casàle
3.6.3 E lli fèmmene de Palladìne
3.6.4 E lli fèmmene de li Case Nóve
3.6.5 Jame a llu Sugghiature
3.6.6 ’ zóna de la Vadiannina,
3.6.7 ’ zóna li Fulecare
3.6.8 E vija de lu Currére,
3.6.9 E vija, de la Vaddata
3.6.10 Ndréa Ndrejaccióle
3.6.11 Do nGustine Pedatèdda Casale (foto D.), 218
Arco di San Michele (foto D.), 219
3.6.12 Pare la figghia de…, 220
3.7 Canti narrativi, 221
3.7.1 Bbèlla ggiòvena, si’ nnata la matina de li Sande
3.7.2 Nu jurne me ne jéva vigne vigne
3.7.3 Vurrija fà la sòrte de lu galle
3.7.4 Sa nGiuvanne
Piero Esposito, cantore Cagnano (foto)
3.7.5 E ppo’ salute a ttè, ccara biondina
3.7.6 Cara nennèlla mije, facime pace
3.7.7 Quèssa è la strata de lu nòbbele fióre
3.7.8 Che ll’amm’a candà ffà lu cande a mmale?
230 3.8 Canti dal carcere,
3.8.1 Abigeato e legalità
3.8.2 Ce stéva nu ggiuvenotte che l’amóre facéva
3.8.3 Vedevèlla quanda si’ tenace
3.8.4 E ddesgraziate pe mmè fu quillu jurne
3.8.5 Lu vucèdde lu tiéne pe nnatura
3.9 Canti di ninnananne e trastulli,
3.9.1 Ninna ninna ninna nanna
3.9.2 Ninna, ninna, ninnarèlla
3.9.3 La mamma de stu uaglióne jè gghiuta fóre
3.9.4 Ninna oh ninna oh
3.9.5 Nave navèdde
3.9.6 Ninna oh ninna oh
3.9.7 Ndine e ndine e ndèlle
3.9.8 Nda la ccru vecèdda
3.9.9 Ciòcche ciòcche li jatte
3.9.10 Luna, luna nóva
3.9.11 Quand’è bbèlla
3.9.12 Sanda Rósa è gghiuta all’orte
3.10 Canti d’amicizia, 234
3.10.1 Il tema dell’amicizia
3.10.2 Quanne vune te vè a ttruuà
3.11.3 È ttriste quèdda casa ca nge sta nènde
Le amiche (foto)
SEZIONE QUARTA:
241 IL SENTIMENTO RELIGIOSO E IL CULTO DEI MORTI
Processioni (foto D.M.), 244
4.1 l tema religioso
4.2 Il ciclo delle feste
4.2.1 Carnuuale e Quarandanna
4.2.2 San Giuseppe e la fanója
4.2.3 Settimana Santa
4.2.4 Tècchete la palma e ffacime pace
4.2.5 gGiuedija sande
4.2.6 La Madonna de lu Rite
4.2.7 8 maggio, San Michele
Grotta di San Michele (foto)
4.2.8 Appìccete, appìccete, luce
4.2.9 Lu prìngepe cavaliére
4.2.10 E nne mbòzze jì a mMunde
4.2.11 E Ssammichéle Arcàngele
4.2.12 La Madonna de li sccàttele
4.2.13 Il Corpus Domini
Altarini e processione (foto D.M.)
4.2.14 Sant’Antonio e l’abbetine
Bambini con lu manachicchje (foto)
4.2.15 San Giovanni e l’arte divinatoria
4.2.16 La Madonna delle Grazie
4.2.17 L’Immacolata: La stòria de lu mute
4.2.18 Santa Lucia: Solètta e tacita
4.2.19 Sanda Lucija éra tanda bbèlla
4.2.20 La Natività: Memorie natalizie
4.2.21 Quanne nascette Ninne a Bbettelèmme
Presepe e dolci tradizionali (foto)
4.2.22 L’Epifania.
4.3 La morte, 269
4.3.1 Il lamento funebre
4.3.2 Un lamento attraversa il Mediterraneo e va oltre
4.3.3 Il lamento funebre cagnanese
4.3.4 Il ruolo del vicinato
4.3.5 Lu lutte, lu chenzóle
SEZIONE QUINTA:
280 ESTRAPOLANDO
Ragazza in costume cagnanese (fotoD)
5.1 Il tema amoroso e la visione della donna attraverso i canti
5.1.1 Qualche riflessione al femminile, 282
Faccende di donne (Foto)
5.1.2 L’energia della donna contadina, 286
5.1.3 La sessualità negata, 288
5.1.4 La questione femminile: a che punto siamo?, 289
5.2 I cantori-interpreti dei canti del luogo, 290
5.3 La lingua cambia nello spazio, 291
5.4 La lingua cambia nel tempo, 292
5.5 La continuità col passato, 294
Donna in costume a llu Caute(foto D.)
APPENDICE
Canti tratti dalla raccolta del 1932-37 di S. La Sorsa, 296
BIBLIOGRAFIA, 313
NASTRI E CD, 315
1 Vocino M., in Visioni di Puglia, Il Gargano e le Tremiti, Roma, Ed. Alfieri e Lacroix, 1923.
2 La Sorsa, Tradizioni popolari pugliesi cit.
3 Nasuti F., Canti della memoria cit.., con allegato CD.
4 Salvatore Villani, I canti e i suoni di Cagnano Varano (a cura di), collana diretta da Leydi e Sassu, Dir. Edit. Valter Colle, Centro studi Tradizioni popolari del Gargano, Rignano Garganico, CD; I canti tradizionali di Cagnano Varano cit…
5 La Sorsa, op. cit,pag 43.
6 La Sorsa, op. cit. pag 48.
7 La Sorsa, o. cit. pag 48 e 49.
8 Cfr. Nasuti, Canti della memoria cit. pag. 40.
9 Cfr. Nasuti op. cit. pp 40-42.
10Cfr. Nasuti, op. cit. Presentazione pp 7-43.
11 Cfr. S. Villani, Canti e strumenti musicali tradizionali di Carpino, Centro studi tradizionali popolari del Gargano, Rignano Garanico 1997, pag 15.
12 Intervista al signor Antonio Piccininno, febbraio 2004.
13 Ah scarmigliata, ragazza scarmigliata! Ehi, piccolina per il giovanotto è scarmigliata! Ahi serpe nera, che scendi tra le mura! Ah testa bassa e sguardo imbronciato! Ah, ti ho detto buonasera e non mi hai risposto! Ah, ma qualche cattiva lingua ti ha parlato, ti ha detto male di me e tu le hai creduto! Ah, ti avevo avvisato e non mi hai dato ascolto. Ah facciamo i conti e rompiamo i tagli. Ah, quello che tu avanzi, te lo cedo! Ah, quello che tu lasci è pronto nella cassa. Ah, i baci baci che mi hai dato, io non ti nego. Ah, fammi la ricevuta, ora ti pago. Ehi, piccola, ascolta: – Fammi la ricevuta, che ora ti pago.
14 Facciamo i conti e rompiamo i tagli. In passato si effettuavano gli acquisti, segnalandoli sulle due parti di una bacchetta di legno che combaciavano: una restava nelle mani dell’acquirente-debitore e l’altra nelle mani del venditore-creditore. Cfr Conti tagli, Rére ascennènne, Granatiero cit. pag 111. Metaforicamente spezzame lu taglie del testo significherebbe cancelliamo ogni traccia del nostro rapporto, quindi ogni dare e avere.
15 Il lettore potrà comprendere meglio i motivi di questa e di altre tipologie qui presentate, consultando le relative pagine musicali che troverà in seguito.
16 Bambina non ti mettere più alla porta e quante volte passo io ti riconosco dai capelli che avete in testa, si chiamano consola-persone. Ti prego, bella, non li intrecciare, raggruppali con due fiocchi, lasciali sciolti. Soffia il vento e li vuole scompigliare, esce il sole e li fa splendere. Li fa splendere, colomba, e come te non ce ne stanno. Vola, ehi vola, e dimmi tu le tue parole. Se hai piacere, vengo pure un’altra sera, se piacere non ce ne sta, io vado via di qua.
17 Cfr. La Sorsa, op. cit. pag 42.